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Siamo entrati nel mese di Ottobre. Il primo mese dell’anno interamente autunnale. Ottobre porta con sé l’inizio delle lezioni, l’inizio dei viali riempiti dalle foglie colorate d’autunno. Ma c’è anche una festività, presa in prestito dalle tradizioni anglosassoni: Halloween.
Spesso, pensando a questa festività, la nostra mente è stuzzicata da immagini di mostri, fantasmi, lupi mannari, zucche intagliate e ovviamente le streghe. Ma le “masche” vi vengono altrettanto in mente? Le avete mai sentite nominare? Io, prima di scrivere questo articolo no. Le “masche” sono figure molto famose nel folklore del Piemonte, e zone limitrofe come Liguria e Val d’Aosta. I vostri bisnonni, se hanno avuto contatti con gente delle alpi piemontesi, conoscono benissimo questo termine.

Quindi le masche cosa sono?

Niente meno che il sinonimo piemontese di “strega”. L’etimologia non è certa. Certo è, pensate un po’, che nell’editto di Rotari, del 643 d.C., le masche sono citate. È quindi significativo che di questa figura se ne parlasse in uno dei primi editti civili del territorio del Nord Italia, all’alba della prima società medievale.
Potreste lecitamente controbattere esclamando che sono passati quasi due millenni da questo editto, ma dando una lettura al libro L’anello forte. La donna: storie di vita contadina di Nuto Revelli, ci si rende conto come questa figura mistica sia rimasta radicata nelle credenze popolari del territorio piemontese. Nel libro, infatti, sono presenti molte testimonianze di vita contadina fatte e raccolte durante la seconda metà del secolo scorso. Queste ultime sono piene di racconti tramandati, o addirittura vissuti dalle contadine e contadini stessi, durante la loro infanzia.

Masche e l'autunno, in questo caso l'autunno che colora la città di verelli

Masche nella visione popolare del nostro territorio

Parlando con Davide Porporato, professore del dipartimento di studi umanistici, dell’Università del Piemonte Orientale, è uscito fuori ci sono sia masche, che masconi, ovvero stregoni uomini. Però la maggior parte dei racconti vertono sulle donne. A questo proposito ringrazio il professore per avermi dato la possibilità di visionare la tesi triennale della Dottoressa Dalila Siri.

Da quest’ultima, con una precisione professionale, si comprende che è principalmente la donna a esser presa di mira da questa infame etichetta, la quale comportava spesso l’allontanamento dalla società contadina. Tenendo conto delle testimonianza raccolte da Revelli, sono certe caratteristiche, fisiche e non solo, che possono bollare un soggetto femminile e indicarla come masca: la vecchiaia innanzi tutto, saper leggere, spesso vedove e con un carattere intraprendente.

Masche indipendenti, nella foto una signora aziana inenta a svolgere un lavoro manuale. Foto di Cynthia Beach
Masche e libri

In particolare due caratteristiche spiccano su altre. Innanzi tutto, secondo il credo popolare, ogni masca acquisiva il proprio potere magico da un “Libro del comando”. Per poter attingere questo sinistro potere è quindi necessario saper leggere.
A questo si aggiunge la colpa di saper badare a sé stessa in maniera totalmente indipendente, sopperendo anche alle mansioni che venivano tradizionalmente affidate ad una cultura maschile.
Riporto una citazione del libro di Laura Bonato, Vita da strega, Masca, faja, framasun, riassume perfettamente il sintomo di diffidenza nei confronti di queste donne, tramandato nei secoli fino a quello precedente il nostro: “Tra l’XI e il XIII secolo […] una donna non – o non più – sposata, quindi nubile o vedova, doveva stare in convento per non dare adito alle maldicenze; chi si sottraeva a questa regola era immediatamente sospettata e considerata colpevole”.

Semplice superstizione o strumento di esclusione e marginalizzazione?

Alberi su cui le masche potrebbero far festa
notte e con la luna e le nuvole intorno

Rispondere a questa domanda non è semplice. Proviamo a immaginarci di essere in un remoto paese in una valle desolata del Piemonte. Circondati da boschi, i quali di notte suscitano le più disparate fantasie dovute alla mancanza di luce. Viene quasi naturale provare emozioni forti, come la paura, in situazioni dove il lume della ragione è offuscato dal buio. Per poter rispondere con i “limitati” strumenti che si posseggono è quasi matematico cercare con la superstizione di dare un ordine al “buio”, illudendosi dalla falsa consapevolezza di avere il controllo.
Quindi, siete in un paesino isolato in montagna, succedono ogni tanto fatti inspiegabili, ad esempio un neonato sanissimo d’un tratto si ammala, e poco dopo muore. Questo neonato forse è passato in braccio fra i vari abitanti del paesino, essendo consuetudine che i bimbi non vivano isolati nel nucleo familiare. Per cercare di spiegare questo inaspettato decesso si cercherà un capro espiatorio, mancando la conoscenza, e gli strumenti adatti, la colpa non cadrà su virus e batteri passati attraverso le mani sporche di un bracciante o di un boscaiolo, bensì su quella figura che non è coerente con il buon costume costruito da istituzioni secolari, parliamo proprio delle masche.

Quindi io risponderei a questa domanda con “entrambi”, secondo voi è corretto?

Foto di una vallata dove delle masche avrebbero potuto tranquillamente risiedere

Ma con Halloween cosa c’entrano le masche?

C’entrano tanto quanto c’entrano le streghe, è il sabba per eccellenza secondo la tradizione popolare, infatti prima dell’arrivo della festività anglosassone, il 31 Ottobre era già famoso come uno dei giorni più importanti dell’anno per quanto riguarda l’incontro delle masche. Era visto come un momento di festa per i seguaci del diavolo (perché è così che le masche venivano viste), i quali ne approfittavano per darsi a cerimonie dissacranti sotto ad alberi di noce.
Particolarmente curioso quanto nel territorio piemontese fosse radicata questa concezione al punto che i “primi processi per stregoneria imperniati sul sabba ebbero luogo nelle Alpi” Scrive Carlo Ginzburg nel libro del 1989 Storia Notturna. Una decifrazione del Sabba.

masche in festa daje tutta

Ora sappiamo che i miti di Halloween non sono solo patrimonio della cultura anglosassone.
Trovate interessante questo argomento? Nel caso vogliate saperne di più non esitate a scriverci nei dm del nostro profilo instagram @Radio6023.

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